Recensione: The Protégé ha i suoi momenti, ma manca il bersaglio

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Negli ultimi dieci anni, Martin Campbell si è interessato ad esplorare i temi della vendetta e della cospirazione nei suoi film. Questo è evidente in ‘Edge of Darkness’ (2010) e ‘The Foreigner’ (2017), entrambi i film che trattano di protagonisti che intraprendono una vendetta personale contro chi è responsabile della morte di qualcuno a cui tengono. Lo stesso fascino tematico continua con ‘The Protégé’, dove invece di un protagonista maschile in cerca di vendetta, il suo ultimo film presenta, tanto per cambiare, una protagonista femminile.

La protagonista femminile in questione è Maggie Q, che interpreta una killer a contratto di nome Anna. È stata cresciuta e addestrata sotto la guida di Moody (Samuel L. Jackson), che è anche la sua figura paterna dopo averla salvata in Vietnam quando era solo una bambina. Ma una notte, dopo aver scoperto che Moody è stato assassinato nella sua stessa casa, decide di scoprire l’assassino che ha fatto questo. La sua ricerca la riporta in Vietnam, un luogo dove non vuole tornare a causa del suo oscuro passato. Da lì, incontra successivamente Rembrandt (Michael Keaton), un killer professionista dove si sono conosciuti per la prima volta mentre Anna lavorava in nero come proprietaria di un negozio di libri vecchi e rari.

Scritto da Richard Wenk, ‘The Protégé’ soffre dei soliti difetti che affliggono la maggior parte delle sue sceneggiature, dove tutte sembrano essere potenziali ma sciatte e realizzate a metà. Un esempio sono le sue sceneggiature poco brillanti dei due film ‘Equalizer’ e ‘Jack Reacher: Never Go Back’. Odio dirlo, ma lo stesso problema si ripresenta anche in ‘The Protégé’. La storia vuole essere più di un semplice thriller di vendetta e se vi aspettate che Maggie Q vada su tutte le furie come una versione femminile di John Wick, dove entrambi i film escono per la Lionsgate, preparatevi a rimanere delusi.

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Quello che abbiamo qui è un film che cerca di riempire di strati una trama basata sulla cospirazione. Solo che è più una struttura narrativa imbottita piuttosto che qualcosa che intriga veramente. È come se il film cercasse troppo di dare un senso al labirintico mondo dei loschi affari e delle motivazioni dal punto di vista degli assassini professionisti. A un certo punto, il film vuole anche esplorare il rapporto mutevole tra Anna e Rembrandt e, francamente, ha un certo potenziale, solo per finire come un’idea a metà. Questo risulta essere un vero peccato, dato che Maggie Q e Michael Keaton condividono buoni momenti sullo schermo ma sono alla fine sconfitti dalla sceneggiatura approssimativa di Wenk.

Anche il ritmo pone un altro problema, con lo slancio spesso in stop-start che lascia spazio a momenti pesanti di esposizione. Un caso simile era già successo in ‘Edge of Darkness’ e ‘The Foreigner’, dove entrambi i film sono diventati troppo pesanti per il loro bene.

Tuttavia, questo non significa che ‘The Protégé’ sia un vero e proprio disastro. Proprio come i suoi due film sopracitati, Martin Campbell sa bene come mettere in scena una sequenza d’azione con sufficiente verve. Non troverete la sempre fastidiosa estetica della shaky-cam o il montaggio rapido per il cosiddetto jazzing, due dei difetti più comuni nei film d’azione di oggi. Invece, dirige l’azione con l’aiuto del regista della seconda unità Dian Hristov (‘Skin Trade’, ‘The Hitman’s Bodyguard’ e il reboot di ‘Hellboy’ del 2019) con uno stile nitido. In altre parole, l’azione è propulsiva e aiuta quando Campbell privilegia più le acrobazie pratiche che affidarsi pesantemente alla CGI.

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Parlando di acrobazie pratiche, è bello vedere Maggie Q di nuovo in azione dopo aver spiccato come un pollice dolente nei dimenticabili ‘Fantasy Island’ e ‘Death of Me’. Qui, scivola nel suo ruolo familiare che la maggior parte di noi ha abituato a Maggie Q. E cioè interpretare un’assassina, il che mi ricorda immediatamente come si adatta come un guanto in ‘Nikita’. Allo stesso modo, ha fatto la maggior parte dei suoi stunt e il suo ruolo fisicamente impegnativo è semplicemente impressionante. E non è tutto, perché Campbell le dà anche ampio spazio per allungare la sua recitazione drammatica durante alcuni momenti di non azione.

Michael Keaton, che riceve la prima fattura in questo film, offre una performance carismatica come Rembrandt mentre Samuel L. Jackson fa un lavoro abbastanza buono come Moody. Ma non per Robert Patrick, che è tristemente minato nel ruolo di Billy Boy. Interpreta il capo della banda di un club di motociclisti e in qualche modo ha un legame con Moody e Anna, ma il film non si preoccupa di affrontarlo adeguatamente, se non sottintendendolo verbalmente come tale.

Anche se ‘The Protégé’ ha alcuni momenti che definiscono alcune delle prodezze registiche di Martin Campbell, il film rimane un’occasione mancata.

Voto: 2,5/5